8 marzo 2015

La prima ipotesi è di omicidio colposo, ma potrebbero esserci sviluppi. Il sospetto è che l’abbia trascurato. «L’ho partorito in una casa.

Il volto della tragedia, quello di Enzo Micoli, poliziotto in pensione ed ex autista del prefetto: scende dalle scale del condominio al civico 1/F di piazza Emanuele Filiberto, a Colognola (quartiere di Bergamo), con due sacchi neri in mano e con le lacrime agli occhi. «Non sapevo nulla, davvero nulla, non sapevamo nulla», aggiunge guardando verso la moglie che è due passi avanti a lui. Le sue parole sono la rappresentazione di un mistero, quello della figlia Agnese, 29 anni, ricoverata sotto osservazione nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Bergamo: giovedì sera, attorno alle 21, la donna ha raggiunto il Papa Giovanni XXIII con un conoscente, in auto. Tra le braccia aveva un bimbo: i medici hanno subito constatato che era morto e hanno allertato la polizia di Stato.

Sul posto è intervenuta la squadra mobile, che ha proseguito negli accertamenti per tutta la notte, anche ascoltando un lungo racconto, informale e non verbalizzato, della stessa donna. Agnese Micoli è apparsa completamente sotto choc, in stato confusionale, e ha riportato la sua verità, con contraddizioni in più punti.
Ha spiegato di aver partorito il figlio in una casa, senza specificare se si trattasse del suo appartamento di Colognola: una circostanza che sembra essere stata confermata dai successivi accertamenti della polizia, secondo i quali non risulterebbero, negli ospedali, recenti ricoveri di madri con quel nome. La donna avrebbe anche specificato che il bimbo non era deceduto subito dopo il parto: il neonato è stato in vita, fino a giovedì. Una sua data di nascita non risulta: potrebbe trattarsi di un piccolo nato circa quindici giorni fa.
Sul suo corpo non c’erano segni evidenti di violenza, né ematomi né altri elementi che potessero far pensare a un soffocamento. Ma la prima ipotesi del pubblico ministero Lucia Trigilio, che ha iscritto Agnese Micoli nel registro degli indagati, è stata di omicidio colposo. Gli inquirenti stanno quindi valutando eventuali responsabilità della madre, senza avere al momento punti fermi, a causa dell’evidente stato confusionale in cui la donna si trovava: è stata ricoverata in psichiatria.
L’ipotesi, inquietante, ma ancora da definire, è quella dell’«infanticidio per abbandono del neonato» (l’articolo 578 del codice penale), reato che si configurerebbe se, dopo il parto, il piccolo fosse stato trascurato e lasciato a se stesso, senza assistenza. Ma mancano ancora troppi riscontri e il riserbo degli inquirenti è assoluto: non è noto se sia stato identificato l’uomo con cui Agnese Micoli avrebbe avuto una relazione di recente, come lei stessa ha raccontato. Sembra certo, però, che il padre del piccolo deceduto non sia Alex Baracchetti, il marito da cui la donna è separata, con cui aveva vissuto fino all’inizio del 2014 in un appartamento di via Leopardi 5, a Seriate.

L’abitazione di Agnese Micoli, al primo piano dello stabile affacciato su un cortile interno di Colognola, è stata perquisita durante la notte tra giovedì e ieri, ma non sarebbero stati trovati indizi particolari, tanto che l’immobile non è poi finito sotto sequestro e, nel pomeriggio di ieri, è stato ripulito e sistemato dal papà e dalla madre della Micoli. Riguarda proprio l’ambito familiare, tra l’altro, un dettaglio che non torna del suo primo e informale racconto ai poliziotti. La donna avrebbe spiegato di aver interrotto i rapporti con i suoi familiari. Ma, sempre ieri sera, una vicina ha raccontato: «A volte vedevo Agnese e i genitori che si incontravano. Lei dava al papà il suo cane, anche spesso, da portare a passeggio».
Enzo Micoli, il padre, abita con la moglie nello stesso cortile della figlia a Colognola. E ieri ha ripetuto più volte: «Non sapevamo nulla». Forse i genitori non erano stati informati del parto, da parte della figlia? È un’ipotesi. Sembra però escluso, viste anche le case molto vicine, che non sapessero della gravidanza. «L’ho vista forse poco più di un mese fa — ha proseguito infatti la vicina — era incinta, aveva il pancione. Però in effetti da queste finestre, qui sul balcone (comune a più appartamenti, ndr) non mi è mai sembrato di sentire il pianto di un bambino o altri particolari rumori. E poi ieri notte non ho sentito persone che arrivavano (pensando alla perquisizione della polizia, ndr)». «Un po’ di movimento c’è stato, ma abbiamo visto che nessuno si stava allarmando, non c’erano rumori sospetti, e quindi non ci siamo affacciati», aggiunge invece un’altra coppia di residenti, arrivata in auto.
Nella notte dopo l’arrivo della donna al pronto soccorso del Papa Giovanni, la polizia ha proseguito anche con altri interrogatori, tutti di conoscenti e amici della donna. Dalla Procura della Repubblica nessuna dichiarazione ufficiale: non è noto se l’autopsia del bimbo deceduto sia già stata fissata. 


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