Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza – Vol. VI – N. 3 – Settembre-Dicembre 2012
Pasquale Giuseppe Macrì*, Yasmin Abo Loha, Giorgio Gallino, Santiago Gascò, Claudio Manzari, Vincenzo Mastriani, Fabio Nestola, Sara Pezzuolo, Giacomo Rotoli
Riassunto
La violenza di genere costituisce una tipologia di reato in costante espansione e di continuo interesse da parte della comunità scientifica. Il fenomeno nella sua globalità è complesso da analizzare in quanto gli autori di reato commettono gli episodi perlopiù entro le mura domestiche e ciò comporta, dato il legame spesso di natura intrafamiliare tra autore e vittima, il silenzio di quest’ultima che concorre ad accrescere il cosiddetto “numero oscuro”.
Da ciò derivano i limiti dell’analisi di un fenomeno per sua natura sommerso, del quale non è facile tracciare i contorni.
Una conoscenza approfondita del fenomeno nel suo insieme, tuttavia, è essenziale per lo sviluppo delle politiche e dei servizi, a partire dalle campagne di sensibilizzazione per arrivare alle contromisure legislative finalizzate a prevenire e/o contenere la violenza.
Va rilevato come inchieste, sondaggi e ricerche che analizzano tale comportamento deviante e che vengono proposte con continuità a livello istituzionale e mediatico da diversi decenni, sono solite prendere in considerazione solo l’eventualità che la vittima della violenza di genere sia donna e che l’autore di reato sia uomo. Tale informazione, distorta alla sua origine, passa tramite canali ufficiali (dai media alle campagne di prevenzione) determinando una conseguente sensibilizzazione unidirezionale che relega ad eccezioni - spesso non prese neppure in considerazione - le ipotesi che la violenza possa essere subita e/o agita da appartenenti ad entrambi i sessi.
L’indagine presentata in questo articolo è finalizzata a raccogliere elementi di valutazione ancora inesistenti nel nostro Paese, utili a verificare se esista, ed eventualmente in che misura, una realtà diversa da quella fondata esclusivamente
su condizionamenti, luoghi comuni e pregiudizi.
Résumé
La violence de genre constitue l’un des crimes qui connaît une forte croissance et qui fait l’objet d’un intérêt certain pour la communauté scientifique. Le phénomène est complexe à analyser dans sa globalité car la plupart des auteurs commettent leurs crimes dans le foyer domestique. Étant donné le lien intrafamilial existant entre l’auteur et la victime, cette dernière reste dans le silence qui contribue à faire augmenter le « chiffre noir ». Par conséquent, l’analyse de ce phénomène, caché à cause de sa propre nature, montre ses limites.
Des campagnes de sensibilisation à l’adoption de mesures législatives pour la prévention et répression de la violence, une connaissance approfondie de ce phénomène dans sa globalité est toutefois primordial pour le développement des politiques et des services d’aide aux victimes.
Il faut souligner que les enquêtes et les recherches analysant ce comportement déviant et, depuis plusieurs décennies, proposées en permanence à des niveaux institutionnel et médiatique, ont tendance à considérer que la victime de la violence de genre ne peut être qu’une femme et que son auteur, un homme. Cette information, altérée dès le début,
passe à travers des chaînes officielles (des médias aux campagnes de prévention) provoquant une sensibilisation unidirectionnelle qui relègue à l’état d’exceptions – qui souvent ne sont même pas prises en considération – les hypothèses que la violence puisse être subie et/ou perpêtrée aussi bien par les hommes que par les femmes.
L’enquête présentée dans cet article a pour objectif de collecter des éléments d’évaluation encore inexistants en Italie.
Ces données peuvent être utilisées pour vérifier s’il existe une réalité différente de celle qui n’est basée que sur les lieux communs et sur les préjudices et quelle serait sa dimension.
Abstract
Gender-based violence is a constantly increasing crime and continuously attracting a lot of interest in the scientific community. This is a complex phenomenon to analyse as a whole because perpetrators usually commit the acts of violence at home. For this reason, and also due to the intimate relationship between the author and the victim, this
latter remains silent, so the dark number increases. Consequently, the analysis of this phenomenon, hidden just because of its nature, has its limits.
A deep knowledge of this phenomenon as a whole, however, is important for the development of policies and services, for example sensibilisation campaigns and countermeasures to prevent and combat violence.
It is important to point out that surveys and researches studying this deviant behaviour, and continuously proposed at an institutional level and disseminated by mass media, usually consider that the victim of gender-based violence is a woman and the perpetrator a man. This distorted information is transmitted through official channels (for example, mass media and sensibilisation campaigns) producing a consequent unidirectional sensibilisation which relegates as exceptions – often not taken into consideration – hypothesis that violence may be endured and/or committed by both
sexes.
The purpose of the survey presented in this article is to collect some evaluation data that do not exist yet in our country, data that will be useful in order to verify if it exists in reality, and if yes what extension it has, different from the one based exclusively on common sense and prejudices.
*: Macrì P.G. - specialista in medicina legale e delle assicurazioni, Professore presso la scuola di specializzazione di Medicina Legale, Università di Siena; Coordinatore Scientifico Centro di Bioetica e Biodiritto Università di Siena. Direttore Primario Medico Legale A. U.S.L. 8 Arezzo.
Indagine
conoscitiva sulla violenza verso il maschile
Introduzione
Nonostante
l’impegno costante dei media, delle istituzioni e di larga parte
del privato sociale nel condannare la violenza, la stessa viene
etichettata come violenza
di genere,
dimenticando l’assunto che la violenza è un costrutto ampio e
complesso che non prevede distinzioni in ordine al sesso.
La
“normalizzazione” pubblica della violenza femminile - messaggi
pubblicitari, spettacoli televisivi, cinema, stampa, video web -
crea assuefazione ed abbassa l’allarme sociale.
La
scena di un uomo che schiaffeggia una donna in un reality non può
essere accettata, non ha scusanti, suscita sdegno, scatena condanna
pubblica, espulsione, biasimo collettivo di conduttori e spettatori.
Doverosamente,
aggiungiamo.
A
ruoli invertiti, tuttavia, la scena non suscita uguale sdegno ed
uguali reazioni, viene minimizzata, diviene “normale”, perfino
ironica: gli episodi di violenza diventano quindi proponibili, anche
pubblicamente, quando ne sono vittime gli uomini.
L’agito
violento non ha caratteristiche proprie, oggettive: sembra divenga
biasimevole in funzione di chi faccia cosa.
Viene
trasmesso il messaggio che la violenza femminile non esiste, e se
esiste è “lieve”, non suscita allarme. In ogni caso è
legittimata, normalizzata, positivizzata, sdoganata persino sui
media.
Può
una forma di violenza essere considerata politically correct,
qualunque essa sia?
L’indagine
è finalizzata a raccogliere elementi di valutazione ancora
inesistenti nel nostro Paese, utili a verificare se esista, ed
eventualmente in che misura, una realtà diversa da quella fondata
esclusivamente su condizionamenti, luoghi comuni e pregiudizi.
Si
tratta di un’indagine ufficiosa, ma rappresenta l’unica fonte in
assenza di indagini ufficiali.
Premessa
La
violenza di genere costituisce una tipologia di reato in costante
espansione e di continuo interesse da parte della comunità
scientifica.
Il
fenomeno nella sua globalità è complesso da analizzare, in quanto vi
è la tendenza degli autori di reato a contenere gli episodi perlopiù
entro le mura domestiche e ciò comporta, dato il legame spesso di
natura intrafamiliare fra autore e vittima, il silenzio di
quest’ultima che concorre ad accrescere il cosiddetto “numero
oscuro”1.
Da
ciò derivano i limiti dell’analisi di un fenomeno per sua natura
sommerso, del quale non è facile tracciare i contorni.
Una
conoscenza approfondita del fenomeno nel suo insieme, tuttavia, è
essenziale per lo sviluppo delle politiche e dei servizi, a partire
dalle campagne di sensibilizzazione per arrivare alle contromisure
legislative finalizzate a prevenire e/o contenere la violenza.
Va
rilevato come inchieste, sondaggi e ricerche che analizzano tale
comportamento deviante e che vengono proposte con continuità a
livello istituzionale e mediatico da diversi decenni, siano solite
prendere in considerazione solo l’eventualità che la vittima della
violenza di genere sia donna e che l’autore di reato sia uomo.
Tale
informazione, distorta alla sua origine, passa tramite canali
ufficiali (dai media alle campagne di prevenzione) determinando una
conseguente sensibilizzazione unidirezionale che relega ad eccezioni
- spesso non prese neppure in considerazione - le ipotesi che la
violenza possa essere subita e/o agita da appartenenti ad entrambi i
sessi.
A
dimostrazione di ciò è opportuno rilevare che, in Italia, ad oggi,
non esistono studi ufficiali a ruoli invertiti; vale a dire
approfondimenti sulla violenza agita da soggetti di genere femminile
ai danni dei propri mariti od ex mariti, partners ed ex partners 2.
L’esigenza
di una documentazione più ampia, che comprenda ogni aspetto
riconducibile alla violenza di genere - non solo, quindi, l’indagine
sulle violenze agite ai danni della figura femminile - viene
manifestata da studiosi di diverse discipline (antropologia,
sociologia, criminologia, psicologia, giurisprudenza, pedagogia).
Chiunque - per motivi professionali, di studio o di ricerca - abbia necessità di
analizzare la violenza nella coppia in maniera onnicomprensiva, può
constatare come esista un’approfondita letteratura scientifica
prodotta in diversi Paesi del mondo - dagli Stati Uniti all’India,
dal Canada al Regno Unito - ma nulla di riferibile all’Italia3.
Una
considerevole mole di dati emerge da indagini conoscitive,
monitoraggi ed inchieste effettuate ad ogni latitudine, mentre in
Italia rimane curiosamente inesplorato ogni tipo di violenza che non
sia quella agita dall’uomo.
________________________
1
Per numero oscuro s’intende il numero dei casi in cui si ipotizza
che il fenomeno si sia verificato ma che non è possibile
determinare statisticamente, perché non denunciato. Nei casi di
violenza, le motivazioni che possono confluire nel numero oscuro sono
quelle riconducibili al senso di vergogna, alla mancanza di
alternative etc.;
2
La violenza femminile in generale, ed il
female-stalking in particolare, sono oggetto di studio in diversi
Paesi europei ed extraeuropei: solo in Italia non esiste alcuna
indagine ufficiale che studi le vittime di genere maschile, come non
esiste alcuna struttura di accoglienza pubblica che se ne occupi.
3
Si rimanda, a tale proposito, agli studi di Alvarez-Deca e
all’importante opera della Dott.ssa Badinter che, nonostante sia
dichiaratamente femminista, mette in evidenza i limiti delle
ricerche condotte per lo studio dell’analisi della violenza sulle
donne in Francia (abstract Nestola F.
http://lindipendente.splinder.com/post/19780695/violenze-in-famiglia-quello-che-listat-non-dice).
_________________________
A
dimostrazione dell’impegno del mondo accademico internazionale, per
motivi di sintesi, riportiamo una selezione di contributi in tal
senso1.
Ciò che rileva è la continuità e la complessità delle ricerche
effettuate a partire dagli anni ’70:
-
Straus, Gelles e Steinmetz (1975) avvertirono la necessità di
condurre la prima grande indagine sulla violenza domestica,
pervenendo a risultati inattesi e del tutto incoerenti con le
politiche sociali in atto in America in quel periodo. Essi
riscontrarono che, in proporzioni molto simili, sia uomini che donne
erano sia agenti che vittime di violenza;
-
Carrado, Gorge, Loxam, Jones e Templar (1996), in uno studio
effettuato in Gran Bretagna tramite la C.T.S. (Conflict Tactics
Scale), hanno evidenziato come il 18% degli uomini ed il 13% delle
donne, del campione preso in considerazione, aveva dichiarato di
essere vittima di violenza fisica durante i loro rapporti
eterosessuali. La percentuale vedeva una prevalenza di vittime
maschili (11%) rispetto alle donne (5%) quando si prendevano in
considerazione i rapporti in corso2;
-
Vivian e Langehinrichsen-Roling (1996), analizzando 57 coppie
reciprocamente aggressive attraverso il C.T.S., trovarono che non
esistevano significative differenze nei racconti tra la gravità e la
frequenza della vittimizzazione di mariti e mogli. Riguardo alle
violenze verbali psicologiche, 32 mogli e 25 mariti dichiaravano di
esserne vittime3;
-
Vasquez e Falcone (1997), monitorizzando per un periodo di 11 mesi
soggetti refertati presso il centro traumatologico dell’ospedale
dell’Ohio, rilevano - su un campione di 1.400 pazienti presentanti
traumi di varia natura – 37 soggetti che avevano subito violenza
dal sesso opposto: 11,4% vittime maschili vs 6,9% di vittime
femminili4;
-
Caetano et al. (2002) hanno analizzato le relazioni di violenza
domestica su un campione multietnico di 1.635 coppie, attraverso la
Conflict Tactic Scale (CTS). Dall’analisi dei risultati hanno
rilevato la presenza di violenza tra partners nella misura del 40%
senza alcuna differenza tre le etnie prese in considerazione. Le
donne, tuttavia, risultano maggiormente violente rispetto agli uomini
in tutti e tre i campioni5
(ispanico - afroamericano – caucasico);
______________________________
1
La scelta dei contributi è stata effettuata secondo il criterio
della continuità temporale degli studi provenienti dalle diverse
nazioni. Per maggiori approfondimenti si rimanda alla bibliografia
completa che consta di oltre 450 articoli selezionati;
2
Carrado M., George M. J., Loxam E., Jones L., Templar D. (1996),
Aggression in British heterosexual
relationships: a descriptive analisys,
Aggressive Behavior, n° 22, pp. 401- 415;
3
Vivian, D., &
Langhinrichsen-Rohling, J. (1996), Are
bi-directionally violent couples mutually victimized?
In L. K. Hamberger & C. Renzetti (Eds.) Domestic partner abuse
(pp. 23-52). New York: Springer;
4
Vasquez, D., &
Falcone, R. (1997), Cross
gender violence,
Annals of Emergency Medicine, 29 (3), 427-429;
5
Caetano R., Shafter J., Field C., Nelson S. M., Agreement on reports
of intimate partner violence among white, black and Hispanic couples
in the United States, Journal of interpersonal violence 2002, n°17,
pp 1308 - 1322.
_______________________________
-
Ridley e Feldman (2003) esplorano la violenza domestica femminile nei
confronti dei partners maschili, attraverso la compilazione del
questionario Abisir Behavior Inventory. Su 153 volontarie che hanno
completato l’intervista, i risultati rilevano che il 67,3% delle
partecipanti aveva perpetrato almeno un comportamento violento nel
corso dell’ultimo anno. I comportamenti maggiormente
posti in essere riguardavano spinte ed immobilizzazioni (45,1%),
percosse, schiaffi e morsi (41,2%)1;
-
Williams e Frienze (2005) analizzando un campione di 3.519 coppie,
rilevano che il 18,4 % di esse era coinvolto in una relazione con
vari gradi di violenza reciproca; tuttavia la violenza di grado medio
o grave veniva “iniziata” prevalentemente da soggetti femminili2;
-
Shumacher e Leonard (2005), da una ricerca condotta per un periodo di
tre anni su un campione di 634 coppie appena sposate (effettuato con
il C.T.S. revisionato), riscontrano una prevalenza di aggressioni
delle mogli nei confronti dei mariti, rispettivamente nelle
percentuali del 48% (I anno), 45% (II anno) e 41% (III anno). Le
aggressioni dei mariti nei confronti delle mogli sono rispettivamente
del 37% (I anno), 38% (II anno) e 37% (III anno)3;
-
O’Leary e Slep (2006), studiando 453 coppie coabitanti, con un
figlio di età compresa fra 3 e 7 anni, dimostrano che le donne, più
sovente degli uomini, commettono aggressioni di intensità media
(23,8%) e grave (8,4%). Riguardo al fattore precipitante, gli autori
sostengono che l’aggressione fisica delle donne è più probabile
che susciti reazioni verbali nei loro partners. I ricercatori,
pertanto, hanno concluso che i risultati suggerivano che le donne
fossero le prime ad intensificare un conflitto e ad usare violenza
fisica4;
-
Swaroop e Dsouza (2007), su un campione di 1.650 mariti indiani
intervistati – il campione era composto da uomini di età compresa
tra i 15 ed i 49 anni – hanno riscontrato che, circa il 25,2% dei
mariti intervistati erano stati vittime di violenza psicologica da
parte della moglie5;
-
Javier Alvarez Deca (2009), dalla raccolta di 230 studi e ricerche
provenienti da 24 Paesi, rileva che, nelle coppie eterosessuali, la
violenza fisica viene esercitata in proporzioni simili da uomini e
donne6;
-
Anacleto, Njaine, Longo, Boing e Peres (2009) rilevano come la
violenza agita dalle donne nei confronti dei propri partners maschili
è percentualmente superiore sia per quanto concerne la violenza
fisica (13,7% vs 9,8%), sia la violenza fisica grave (6,8% vs 5,6%)
che psicologica (76,8% vs 71,5%)7;
__________________________
1
Ridley,
C. A., & Feldman, C. M., (2003), Female
domestic violence foward male partners: Exploring conflict responses
and outcomes,
Journal of Family Violence, 18 (3), 157-170;
2
Williams S.L.,& Frieze, I.H. (2005), Pattners
of violent relationships, psychological distress, and marital
satisfaction in a national sample
of man and women, Sex Roles, 52
(11-12), 771-784;
3
Schumacher, J. A. &
Leonard, K. E. (2005), Husbands'
and wives' marital adjustment, verbal aggression, and physical
aggression as longitudinal predictors of physical aggression in
early marriage,
Journal of Consulting and Clinical Psychology, 73, 28-37;
4
O'Leary, S. G., &
Slep, A. M. S. (2006), Precipitants
of Partner Aggression,
Journal of Family Psychology, 20, 344-347;
5
Swaroop, S., &
Dsouza, R. (September, 2007). “Violence a home truth for India
husbands”. In
http://mynation.net/study-report-indianhusbands.htm;
6
Alvarez-Deca J. (2009), “La violencia en la pareja: bidireccional
y simmetrica”, ed. AEMA;
7
Anacleto A. J., Njaine K., Longo G. Z., Boing A.F., Peres K. G.
(2009), Prevalencia e fatores associados a violencia entre
parceiros intimos: um estudo de base populacional em Lages, Santa
Catarina, Brasil 2007, Cadernos de Saude Publica, Rio de
Janeiro, 25 (4): 800-808, abril 2009.
___________________________
-
Fehringer, Hindin (2009), tramite uno studio longitudinale effettuato
nella Filippine, riscontrano che la violenza all’interno della
coppia, sposata o convivente, viene agita nel 55,8% da donne (delle
quali il 27,7% aveva subito violenza in età adolescenziale) e 25,1%
da uomini (dei quali il 30,5% aveva subito violenza in età
adolescenziale)1;
-
Afifi, MacMillan, Cox, Asmundson, Stein e Sareen (2009), dimostrano
dati convergenti tra lo studio effettuato nelle Filippine e la loro
ricerca effettuata negli U.S.A., la quale evidenzia come il 20,3%
degli uomini intervistati si dichiari vittima di violenza contro il
15,2% delle donne, su un totale di 5.692 individui presi in esame2;
-
Capaldi, Shortt, Kim, Wilson, Crosby, Tucci (2009) - tramite uno
studio longitudinale negli Stati Uniti della durata di 12 anni (1991
– 2002) - evidenziano come la violenza perpetrata da soggetti
ambosessi non presenti differenze sostanziali né in merito alla
frequenza, né in merito alla gravità3;
-
Lawerence, Yoon, Langer, Ro (2009), tramite uno studio su 103 coppie
coniugate, valutate 4 volte durante i primi 3 anni di matrimonio,
hanno evidenziato come, per quanto riguarda la violenza fisica, il
44% dei mariti e il 52% delle mogli abbia avuto comportamenti aggressivi
contro il coniuge4.
__________________________
1
Fehringer J. A., Hindin M. J. (2009), Like
parent, like child: intergenerational transmission of partner
violence in Cebu, the Philippines,
Journal of Adolescent Healt, Vol 44, n°4, pp 363 – 371;
2
Afifi T. O., MacMillan H., Cox B. J., Asmundson G., Stein M. B.,
Sareen J. (2009), Mental healt
correlates of intimate partners violence in marital relationships in
a nationally representative sample of males and females,
Journal of Interpersonal Violence, Vol. 24 n°8, pag. 1398 - 1417
3
Capaldi D. M., Shortt J. W., Kim H. K., Wilson J., Crosby L., Tucci
F. (2009), Official incidents of
domestic violence: types, injury, and associations with nonofficial
couple aggression, Violence and
Victims, Vol. 24, n°4, pp 502-519;
4
Lawrence E., Yoon J., Langer A., Ro E. (2009), Is
psychological aggression as detrimental as physical aggression? The
independent effects of psychological aggression on depression and
anxiety symptoms, Violence and
Victims, Vol. 24, n°1, pp 20 – 35 (16).
_____________________
In
Italia, i dati più recenti in tema di violenza familiare e
maltrattamenti sono stati pubblicati nel 2006 dall’I.S.T.A.T. con
un contributo dal titolo “La
violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la
famiglia, Anno
2006” :
il soggetto vittima-protagonista è il genere femminile compreso
nella fascia d’età 16–70 anni.
Tale
ricerca è stata commissionata dal Ministero delle Pari Opportunità,
ed è stata condotta tramite la somministrazione telefonica di un
questionario1
ad un campione di 25.000 donne di età compresa fra 16 e 70 anni. Le
domande si riferivano sia al momento dell’intervista, sia a periodi
antecedenti, inclusi eventuali periodi di gestazione. Le aree d'indagine del questionario sono state: violenza fisica, violenza
sessuale e violenza psicologica/economica.
Dalle
proiezioni effettuate sulla popolazione femminile residente, emerge
come risultato finale un totale di circa 7.000.000 di donne vittime,
almeno una volta nel corso della vita, di violenza fisica o sessuale.
________________________
1
Il questionario è stato elaborato in collaborazione con i Centri
Antiviolenza Telefono Rosa (per maggiori dettagli si rimanda alle
Note Metodologiche I.S.T.A.T.).
_____________________
Ipotesi
e metodologia della ricerca
L’ipotesi
dell’indagine conoscitiva sulla violenza subita dagli uomini è
verificare se, in accordo con la letteratura scientifica
internazionale, anche la popolazione maschile italiana possa essere
vittima di violenza fisica-sessuale-psicologica da parte del partner
o ex partner di genere femminile.
La
ricerca è stata condotta utilizzando il modello di questionario
proposto dall’I.S.T.A.T. nel 2006. Tale scelta metodologica nasce
dalla validità di uno strumento messo a punto da un Ente che svolge
ricerche per mandato istituzionale.
Per
rendere somministrabile agli uomini un questionario concepito in
origine per le donne si è reso indispensabile un leggero lavoro di
adattamento: sono stati escluse alcune domande impossibili da
proporre ad un target maschile (es. quelle relative alla violenza
subita in gravidanza), sostituendole con altre riconducibili alla
violenza psicologica eventualmente subita dall’uomo (es. quelle
relative alla paternità o alle prestazioni sessuali).
Le
domande relative alla paternità, inserite come elemento
caratteristico del maschile, hanno suscitato un acceso dibattito
preliminare fra gli stessi curatori del questionario. Analogo
dibattito si è sviluppato in merito a molte delle domande sulla
violenza psicologica, tra le quali, ad esempio, le critiche per
l’aspetto fisico e/o l’abbigliamento, che potrebbero incontrare
concrete difficoltà ad essere classificate come violenza. Al termine
del dibattito ha prevalso l’identificazione col modello ISTAT, che
prevedeva domande su abbigliamento, acconciatura, cucina, gestione
della casa, etc..
60
domande chiuse + 4 domande “violenza zero” + 4 domande aperte
7
tipologie di violenza fisica
1
con la quale si dichiara di non aver subito alcuna delle forme di
violenza descritta
1
domanda aperta: possibilità di aggiungere dettagli sugli episodi,
esiti, osservazioni personali
12
tipologie di violenza sessuale
1
con la quale si dichiara di non aver subito alcuna delle forme di
violenza descritta
1
domanda aperta: possibilità di aggiungere dettagli sugli episodi,
esiti, osservazioni personali
34
tipologie di violenza psicologica ed economica
1
con la quale si dichiara di non aver subito alcuna delle forme di
violenza descritta
1
domanda aperta: possibilità di aggiungere dettagli sugli episodi,
esiti, osservazioni personali
7
tipologie di atti persecutori
1
con la quale si dichiara di non aver subito alcuna delle forme di
persecuzione descritta
1
domanda aperta: possibilità di aggiungere dettagli sugli episodi,
esiti, osservazioni personali
A
differenza del questionario I.S.T.A.T. del 2006, i questionari sono
stati somministrati a soli soggetti maggiorenni: la fascia d’età
presa in considerazione è quindi 18 – 70 anni.
L’analisi
qualitativa dei dati prende in considerazione le seguenti variabili:
età
- stato civile - eventuale prole - luogo di residenza - tipologia
della violenza subita.
I
questionari, in forma anonima, prevedevano la compilazione in
versione cartacea o elettronica.
I
questionari compilati via web sono stati raccolti ed archiviati
tramite un software che impedisce l’invio multiplo dallo stesso ID,
per ridurre la possibilità che un singolo soggetto potesse compilare
più questionari.
_____________________
_____________________
La
raccolta di dati e dichiarazioni attraverso un campione spontaneo ha
avuto come limite il problema della rappresentatività del campione
stesso.
Infatti,
mentre il lavoro dell’I.S.T.A.T. ha potuto usufruire di un
considerevole budget per coprire l’acquisto delle utenze
telefoniche di un campione rappresentativo, con relativa assunzione e
formazione di 64 intervistatrici con contratto a progetto, oltre ai
costi telefonici per decine di migliaia di chiamate telefoniche in
tutta Italia1,
gli autori della presente ricerca non hanno potuto gestire alcun
budget.
Prima
dello start-up é stato sollecitato il Ministro dell’epoca2,
allo scopo di promuovere un’indagine conoscitiva sulle vittime
maschili per colmare la lacuna italiana. Il Ministero Pari
Opportunità non ha ritenuto opportuno rispondere.
Per
l’analisi dei dati sono stata prese in considerazione le quattro
differenti tipologie di violenze subite per cercare di comprenderne
la rilevanza e, eventualmente dimostrata l’esistenza della fenomeno
“vittime maschili di violenza”, tracciarne i contorni.
Come
per qualsiasi rilevazione statistica - comprese quelle istituzionali
- effettuata tramite dichiarazioni spontanee e non verificabili,
anche questa ricerca rivela dei punti critici.
L’unica
fonte di informazioni è costituita dalle dichiarazioni degli
interessati, pertanto non è possibile effettuare alcuna verifica
attraverso atti giudiziari, referti medici, registrazioni audio-video
o altri documenti.
La
fondatezza delle dichiarazioni non può pertanto essere testata,
esattamente come accade per interviste telefoniche e sondaggi
face-to-face.
Il
campione che ha preso parte alla ricerca ha registrato un totale di
1.058 soggetti, così suddivisi in ordine alla residenza geografica:
n. 411 nord (38,85%), 405 centro (38,28%) 228 sud e isole (21,55%),
11 residenza non dichiarata (1,03%) e 3 (0,29%) italiani residenti
all’estero.
__________________
1Vedi
metodologia ISTAT – http://www.istat.it/it/archivio/34552
2
lettera raccomandata A/R – 12 giugno 2009
_____________________
Le
fasce di età dei soggetti maschili che hanno preso parte alla
ricerca sono state così suddivise:
La
maggiore rappresentatività del campione è compresa nella fascia
d’età 40-49, seguita dalla fascia d'età 30-39.
I
soggetti che hanno partecipato alla ricerca hanno figli nell’83,2%
dei casi, con i dettagli della rilevazione abbastanza prevedibili: la
maggiore rappresentatività del campione è compresa nei soggetti che
hanno tra uno e due figli
Tali
categorie, da sole, accorpano oltre il 76% :
Lo
stato civile maggiormente presente è quello dei separati (41,11%),
seguito dai celibi (24,29%):
VIOLENZA
FISICA
In
merito alla prima tipologia di violenza esaminata si rilevano
immediatamente quattro risposte date da oltre il 50% del campione, e
quattro in percentuali significativamente minori.
Al
di sopra del 50% si registra la minaccia di esercitare violenza (A1 -
63,1%).
In
percentuale simile (A3 - 60,5%) la violenza fisica risulta essere
stata effettivamente messa in atto con modalità tipicamente
femminili, come graffi, morsi, capelli strappati.
Il
lancio di oggetti si attesta poco oltre il 50% (A2 – 51,2%).
La
voce relativa alle percosse - anche con modalità erroneamente
considerate esclusive maschili (es. calci o pugni) - coinvolge oltre
la metà del campione (A4 - 58,1%).
Molto
inferiore risulta la percentuale (A5 - 8,4%) di chi dichiara che una
donna abbia posto in essere un'aggressione alla propria incolumità
personale attraverso agiti violenti che avrebbero potuto portare al
decesso (soffocamento, avvelenamento, ustioni, etc.).
L’utilizzo
di armi proprie ed improprie appare in circa un quarto delle violenze
femminili (A6 – 23,5).
Nella
voce “altre forme di violenza” (A7 - 15,7%) compaiono tentativi
di folgorazione con la corrente elettrica, investimenti con l’auto,
mani schiacciate nelle porte (in un caso nel cassetto), spinte dalle
scale. Erano predisposti spazi facoltativi per descrivere modalità
di violenza non previste nel questionario; non tutti hanno utilizzato
tale opzione.
Un
dato da considerare: tutti i compilatori hanno descritto almeno un
tipo di violenza subita; la percentuale della domanda A8 è zero.
VIOLENZA
SESSUALE
Affrontando
l’argomento della sessualità, risulta evidente come la difficoltà
maschile nel riconoscere di aver subito violenza sessuale sia
sensibilmente maggiore rispetto alla percezione di subire violenza
fisica o psicologica: nessun item sulla violenza sessuale registra
risposte positive in percentuali superiori al 50%.
La
percentuale maggiore (B1 - 48,7%) riguarda il rapporto intimo avviato
ma poi interrotto dalla partner senza motivi comprensibili.
I
compilatori, pur riconoscendo alla donna la libertà di interrompere
il rapporto sessuale in qualsiasi momento, riferiscono di rimanerne
mortificati, umiliati, depressi.
Nessun
compilatore afferma di pretendere la continuazione di un rapporto non
più desiderato dalla donna, o tantomeno di costringerla a portarlo a
termine; i soggetti intervistati esprimono la libertà di non essere
costretti a fingere indifferenza e/o negare la frustrazione che
deriva dal rifiuto, nonché le conseguenze sul piano fisico ed
emotivo.
La
gamma di turbamenti riferiti va dal malessere fisico all’insonnia,
dalla mortificazione nel sentirsi rifiutato al dubbio di non essere
più desiderato; dal timore di non essere in grado di soddisfare la
partner al dubbio che in precedenza la stessa abbia simulato un
desiderio ed un piacere che non ha mai provato; dal dubbio del
tradimento alla sensazione di inadeguatezza; dal timore per la
stabilità della coppia al calo dell’autostima, etc..
Un’ampia
gamma di conseguenze che non sempre possono essere risolte in
autonomia, ma in alcuni casi - come riferito dai compilatori –
hanno necessitato di cure specialistiche, sostegno ed analisi.
Le
risposte relative a disprezzo/derisione (B2 - 30,5%) e paragoni
irridenti (B3 - 20,1%) non sono facili da ammettere, in quanto
particolarmente incisive sull’ego maschile. Pertanto, pur
trattandosi di un questionario anonimo, non vi è certezza che le
percentuali dichiarate corrispondano alle percentuali realmente
presenti nel campione.
Degna
di nota è la voce relativa agli uomini vittime di violenza sessuale
mediante l’utilizzo della costrizione, attraverso la forza o la
minaccia (B5 - 8,6%), e uomini forzati ad avere rapporti sessuali in
forme a loro non gradite (es. rapporti sado-maso, rapporti nel
periodo mestruale, etc.).
A
tale proposito il 4,1% dei soggetti intervistati dichiara di essere
stato forzato ad avere rapporti sessuali con altre persone, incluso
sesso di gruppo o scambi di coppia.
Interessanti
le note inserite negli spazi, previsti in ogni batteria di domande,
per l’aggiunta facoltativa di ulteriori dettagli.
Tra
le costrizioni sgradite figurano alcune richieste “estrose”, ma
vissute con disagio, vergogna o turbamento da parte dei compilatori
(la pretesa di accoppiamenti in luoghi aperti pur potendo disporre di
un’abitazione, la presenza sul letto dei due gatti della partner,
la richiesta da parte della moglie di solo sesso orale escludendo per
18 mesi la penetrazione), ed alcune richieste più “violente”, in
merito alle quali non sembra opportuno scendere nei dettagli, ma che
comunque comportano lesioni visibili, in alcuni casi permanenti, come
piccole cicatrici ed ustioni.
Il
2,2% degli uomini ha dichiarato di non aver mai subito alcun tipo di
violenza sessuale.
VIOLENZA
PSICOLOGICA ED ECONOMICA
Dall’analisi
dei dati emerge con chiarezza che, pur sotto molteplici aspetti, in
generale si tratta del tipo di violenza più diffusamente subita
dagli uomini.
Significativo
notare come diverse forme di umiliazione utilizzino l’aspetto
economico:
- critiche a causa di un impiego poco remunerato (C3 - 50.8%)
- denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner (C5 - 50,2%)
- paragoni irridenti con persone che hanno guadagni migliori (C6 - 38,2%)
- rifiuto di partecipare economicamente alla gestione familiare (C7 - 48,2%)
La
denigrazione, oltre all’aspetto economico, assume diverse altre
sfaccettature:
- umiliazioni, ridicolizzazioni ed offese in pubblico (C2 - 66,1%)
- critiche ed offese ai parenti (C8 - 72,4%)
- critiche per difetti fisici (C10 - 29,3%)
- critiche per abbigliamento ed aspetto in generale (C11 - 49,1%)
- critiche per la gestione della casa e dei figli (C12 - 61,4%)
Risulta
essere particolarmente elevata, interessando oltre ¾ dei
compilatori, la percentuale di donne che insultano, umiliano,
provocano sofferenza con le parole (C14 – 75,4%).
Le
varie forme di controllo previste nel questionario hanno registrato
percentuali sensibilmente diverse tra loro:
- impedimenti o limitazioni agli incontri con i figli o la famiglia d’origine (C15 - 68,8%)
- impedimenti o limitazioni per attività esterne: sport, hobby, amicizie (C16 - 44,5%)
- imposizioni in merito ad aspetto e comportamento in pubblico (C17 - 39,5%)
- sincerità e fedeltà messe insistentemente in dubbio (C18 - 60,3%)
- pedinamenti, controllo degli spostamenti (C19 - 36,7%)
- controllo sul denaro speso, quanto e come (C20 - 32,9 )
- atteggiamento ostile qualora non avesse l’ultima parola sulle scelte comuni (C9 - 68,2%)
Violenza
psicologica tramite minacce “trasversali”: aggressione verso
oggetti personali della vittima, persone care, animali domestici:
- distruzione, danneggiamento di beni, minaccia o concretizzazione (C21 - 47.1%)
- fare del male ai figli, minaccia o concretizzazione (C22 26,6%)
- fare del male a persone care, minaccia o concretizzazione (C23 - 22,9%)
- fare del male ad animali domestici, minaccia o concretizzazione (C23 - 8,1%)1
- minaccia di suicidio o altri atti di autolesionismo (C24 - 32,4%)
Separazione
e cessazione di convivenza, specialmente in presenza di prole,
costituiscono un terreno particolarmente fertile per comportamenti
che implicano una violenza psicologica:
- minaccia di chiedere la separazione, togliere casa e risorse, ridurre in rovina (C26 - 68,4%)
- minaccia di portare via i figli (C27 - 58,2%)
- minaccia di ostacolare i contatti con i figli (C28 - 59,4%)
- minaccia di impedire definitivamente ogni contatto con i figli (C29 - 43,8%)
La
violenza psicologica di cui all’item C29 si estende all’ambito
parentale paterno: la
minaccia implica pertanto che i figli non potranno avere più alcun
contatto non solo col padre, ma nemmeno con nonni, zii, cugini.
L’utilizzo
strumentale dei figli come mezzo di rivalsa emerge in percentuali
rilevanti, indifferentemente nelle coppie coniugate, conviventi o
separate; prima, durante e dopo la separazione.
__________________
1
Nota – mentre il 100% degli individui ha persone care (parenti o
amici), e l’83,2% del campione ha dei figli, non è dato sapere
quanti tra i compilatori abbiano o abbiano avuto in passato animali
domestici. La percentuale relativa all’item C23 potrebbe pertanto
non essere indicativa del tipo di violenza cui si riferisce.
_____________________
Un
capitolo a parte riguarda le domande relative alla paternità.
Ferma
restando l'esclusiva discrezionalità della donna in merito alla
decisione di portare a termine una gravidanza, si chiede agli uomini
se l’esclusione da tale decisione abbia ripercussioni negative
sulla sfera emotiva maschile. Come può esserci chi vive tale
esperienza con serena accettazione, può esserci anche chi ne rimane
profondamente traumatizzato.
Senza
mettere pertanto in discussione la libertà femminile di decidere in
autonomia, la domanda è riferibile solo alla libertà maschile nel
vivere l’esclusione con serenità oppure provarne dolore,
frustrazione, mortificazione, perdita dell’autostima od altro.
La
paternità imposta con l’inganno comprende perlopiù casi in cui la
gravidanza non è frutto di un rapporto consolidato. La partner (114
risposte, in 21 casi la moglie o compagna stabile, in 93 casi una
compagna occasionale)1
matura la decisione di procreare e ne tiene all’oscuro l’uomo.
Mette
in atto strategie ingannevoli, mentendo sulla propra fertilità e/o
sull’uso di anticoncezionali, per poi chiedergli di “assumersi le
proprie responsabilità”.
Tale
“assunzione di responsabilità”, quando è frutto di una scelta
unilaterale imposta all’altro con l’inganno, risulta essere
vissuta - e descritta nelle domande aperte - come una grave forma di
violenza e prevaricazione; va detto che in alcuni casi la descrizione
avviene anche attraverso toni particolarmente aspri, rabbiosi,
offensivi.
L’attribuzione
fraudolenta di paternità si riferisce ai casi in cui un uomo viene
tardivamente a conoscenza, anche dopo anni, di non essere genitore
naturale di un figlio che gli è stato fatto credere suo. Il
tentativo di attribuzione si riferisce ai casi in cui l’inganno non
si protrae nel tempo ma viene scoperto prima del parto o subito dopo.
Entrambe
le domande non si riferiscono al “sospetto”, ma solo alla
paternità fraudolenta documentata e certificata. Va detto che, in
valori assoluti, tali eventi si sono verificati in 29 casi sugli
oltre mille presi in esame.
- interruzione della gravidanza contro il parere paterno (C30 - 9,6% )
- paternità imposta con l’inganno (C31 - 10,7%)
- attribuzione fraudolenta di paternità, o tentativo di attribuzione (C32 - 2,7%)
_______________________
1
Rispetto al valore assoluto 114 (9,6% del campione), la gravidanza
fraudolenta viene addebitata nella percentuale del 18,4% ad un
rapporto stabile e nella percentuale dell’81,6% ad un rapporto
occasionale.
_______________________
Fenomeno
emergente: l’utilizzo strumentale di false denunce ed accuse
costruite.
Evento
pressoché sconosciuto tra single e coniugati, nasce e si sviluppa
all’interno di separazioni, divorzi o cessazioni di convivenza1.
Compare in 512 casi (C33 - 48,4%)
La
domanda che ha raccolto il maggior numero di risposte positive
riguarda le provocazioni fisiche e verbali (C34 – 77,2%).
Il
2,1% dei compilatori ha dichiarato di non aver mai subito alcun tipo
di violenza psicologica da parte di una donna.
________________________
1
In tale analisi trovano conferma le dichiarazioni delle operatrici
di Giustizia (Sostituti Procuratori, avvocati, CTU) che denunciano
una percentuale che si aggira attorno all’80% di infondatezza
delle accuse di violenza e maltrattamento costruite nelle
separazioni -
http://violenza-donne.blogspot.it/2012/06/le-operatrici-di-giustizia-svelano-le.html
______________________
ATTI
PERSECUTORI
Per
ciò che riguarda la tipologia di violenza afferente agli atti
persecutori, si rileva che il fenomeno, seppur presente, non assume
la portata delle aree indagate in precedenza.
È
interessante che il risultato più alto della griglia si riscontri
nella dichiarazione di non aver mai subito atti persecutori (D8 –
34,8%).
Telefonate
indesiderate, invio di mail ed sms, ricerca insistente di colloqui e
danneggiamento di beni (sempre l’auto o lo scooter, tranne in 2 casi) sono le tipologie di stalking che superano il 30%.
La
richiesta di appuntamenti, l’appostamento, il pedinamento e la
minaccia sono compresi fra il 18,4% ed il 26,9%. 1
_______________________
1
Tali rilevazioni confermano sostanzialmente quanto rilevato dal
Ministero degli Interni e dall’Osservatotio Nazionale Stalking
(ONS – www.stalking.it),
secondo i quali le vittime maschili di atti persecutori esistono, e
si attestano attorno al 25% del totale.
_______________________
Per
completezza d'informazione va detto che il contatore inserito sulla
pagina web del questionario ha registrato circa 1.900 accessi, a
fronte di 726 compilazioni.
Il
cartaceo è stato distribuito in 1.000 copie, delle quali 332
restituite compilate.
Pertanto
vi sono percentuali di uomini (61,7% per il questionario online,
63,1% per il cartaceo) che, pur avendo visionato i contenuti
dell’indagine, non hanno ritenuto opportuno prendervi parte.
Non
è dato sapere se abbiano visionato la pagina web solo per
curiosità, se non abbiano partecipato all’indagine per
riservatezza, per mancanza di tempo, per la difficoltà nel
riconoscersi vittime, per non aver mai subito alcuna violenza, od altro ancora.
PROIEZIONI
Allo
scopo di tracciare l’entità del fenomeno1,
è utile effettuare la proiezione dei dati emersi dall’indagine
conoscitiva sul totale della popolazione maschile oggetto
dell’indagine stessa.
Totale
popolazione residente: 60.626.442
Popolazione
maschile, età 18-70: 20.717.815
Violenza
fisica
Il
63,1% del campione dichiara di aver subito almeno un episodio di
violenza fisica per mano di una donna nel corso della propria vita.
Proiezione
sulla popolazione maschile della fascia d’età 18–70 anni:
5.031.000.
Ne
deriva che oltre 5 milioni di uomini avrebbero subito almeno una
violenza fisica per mano di una donna nel corso della vita.
Violenza
sessuale
Il
48,7% del campione dichiara di aver subito almeno un episodio di
violenza sessuale ad opera di una donna nel corso della propria vita.
Proiezione
sulla popolazione maschile della fascia d’età 18–70 anni:
3.883.000.
Ne
deriva che oltre 3,8 milioni di uomini avrebbero subito almeno una
violenza sessuale ad opera di una donna nel corso della vita.
Violenza
psicologica
Il
77,2% del campione dichiara di aver subito almeno un episodio di
violenza psicologica ad opera di una donna nel corso della propria
vita.
Proiezione
sulla popolazione maschile della fascia d’età 18–70 anni:
6.155.000.
Ne
deriva che oltre 6 milioni di uomini, il 29,7% del totale, avrebbero
subito almeno una violenza psicologica ad opera di una donna nel
corso della vita.
Atti
persecutori
Il
31,9% del campione dichiara di aver subito almeno un atto
persecutorio ad opera di una donna nel corso della propria vita.
Proiezione
sulla popolazione maschile della fascia d’età 18–70 anni:
2.543.000.
Ne
deriva che oltre 2,5 milioni di uomini, il 12,3% del totale,
avrebbero subito almeno un atto persecutorio ad opera di una donna
nel corso della vita.
NdA
- per
equilibrare il campione vengono calcolate medie pesate sugli insiemi
della popolazione generale, che determinano
le proporzioni delle varie categorie (celibe, coniugato, etc.) usando
come pesi le frequenze proprie del campione, normalizzate al valore
più alto (0,421), ed applicando il valore medio di casi di
violenza dichiarata. In questo modo si è attribuito peso 1 alla
categoria separati+divorziati, peso 0,577 alla categoria dei celibi,
e così via a scalare per le altre categorie. Ciò corrisponde ad
individuare nella popolazione generale un sottoinsieme massimale che
contiene ancora le proporzioni del campione iniziale, calcolate
comunque sulle popolazioni complessive.
___________________
1
V. indagine ISTAT – http://www.istat.it/it/archivio/34552
2
http://demo.istat.it/pop2011/index.html
- dati sulla popolazione residente, estraibili per genere, età,
ripartizione sul territorio, periodo di rilevazione.
__________________
Analisi
Le
proiezioni dei risultati sull’intera popolazione maschile risultano
essere analoghe alle proiezioni ISTAT sul target femminile. Pur
avendo utilizzato uno strumento di rilevazione simile, non sono
sovrapponibili a causa della fascia d’età più ampia considerata
dall’ISTAT, del diverso metodo di raccolta dati, della prevalenza
femminile nel totale della popolazione residente.
Qualsiasi
persona a prescindere dal sesso - quindi anche un soggetto di genere
femminile - qualora non ritenga di aver subito violenza, è
presumibile che rifiuti di investire del tempo in una intervista che
la coinvolge poco o nulla.
Pertanto
è verosimile che a qualunque indagine, anche telefonica, partecipi
una larga prevalenza di persone interessate all’argomento
dell’indagine stessa.
Il
solo criterio ”motivazioni”, quindi, appare debole per
giustificare le differenze.
La
difficoltà ad emergere delle vittime maschili ed una diffusa
resistenza a riconoscersi nello status
di vittima,
in particolar modo per mano di una donna, potrebbero essere altre
concause dei dati sorprendenti emersi dalle proiezioni.
È
già stato sottolineato nell’Introduzione, può servire ripeterlo:
in totale assenza di dati ufficiali, l’indagine ufficiosa
costituisce l’unica fonte attualmente disponibile in Italia.
Oggettiva
difficoltà di reperimento del campione.
Al
momento della consegna del questionario cartaceo i soggetti
dimostravano la volontà di sottoporsi all’inchiesta ma, dopo la lettura delle prime domande, se ne discostavano
fornendo scuse di vario tipo.
Tale
ritrosia - per ragionamento deduttivo e per le dirette testimonianze
di coloro che rifiutavano la compilazione del questionario, pur
ammettendo l’interesse per lo studio in corso - potrebbe essere
dovuta ad una difficoltà archetipica di riconoscersi nel ruolo di
vittima.
I
soggetti intervistati, anche qualora avessero riconosciuto e riferito
dettagliatamente episodi di violenza subita (es. percosse,
umiliazioni protratte nel tempo, etc.), fino a che si trattava di
raccontarle verbalmente lo hanno fatto volentieri, ma al momento di
metterlo per iscritto hanno preferito astenersi dal compilare il
questionario.
La
ritrosia è stata maggiormente rilevata per i soggetti
ultraquarantenni. Questo dato potrebbe essere spiegato alla luce di
una maggiore apertura dei giovani a riconoscersi come vittime,
rispetto ad una personalità ed un ruolo socio-familiare proprio
delle generazioni precedenti, che, per un sentimento di vergogna,
potrebbero non voler mettere a repentaglio lo status sociale e
familiare acquisito, qualunque esso sia.
Di
contro, le generazioni più giovani - soggetti universitari ed altri - sembrano risentire in misura molto minore degli stereotipi messi in discussione, sulla propria virilità o mascolinità. Anzi, giovani tra i 20 ed i 30 anni sono addirittura
riusciti a scherzare ed ironizzare con l’intervistatore su alcune
domande, in particolare sulla violenza psicologica e sessuale.
Conclusioni
Con
tutti i limiti quali/quantitativi evidenziati in precedenza, si
rileva tuttavia come l’analisi dei dati raccolti smentisca la tesi
della violenza unidirezionale U>D e le sovrastrutture culturali
che ne derivano. La teoria secondo la quale la violenza U>D sia la
sola forma diffusa - quindi l’unica meritevole di contromisure
istituzionali - si rivela perciò un postulato indimostrato ed
indimostrabile, generato esclusivamente dal pregiudizio.
Sono
pertanto prive di fondamento le teorie dominanti che circoscrivono
ruoli stereotipati: donna-vittima / uomo-carnefice.
Dall’indagine
emerge come anche un soggetto di genere femminile sia in grado di
mettere in atto una gamma estesa di violenze fisiche, sessuali e
psicologiche; e quindi come anche un soggetto di genere maschile
possa esserne vittima.
Il
fenomeno della violenza fisica, sessuale, psicologica e di atti
persecutori, in accordo con le ricerche internazionali, anche in
Italia vede quali vittime soggetti di sesso maschile, con modalità che non
differiscono troppo rispetto all’altro sesso.
L’indagine,
inoltre, dimostra che le modalità aggressive non trovano limiti
nella prestanza fisica o nello sviluppo muscolare; anche un soggetto
apparentemente più “fragile” della propria vittima può
utilizzare armi improprie, percosse a mani nude, calci e pugni, secondo modalità che solo i preconcetti classificano come esclusive
maschili.
La
significativa rappresentatività nel campione di soggetti con prole
ha fatto emergere l’effettiva strumentalizzazione che i figli hanno
all’interno della coppia in crisi. 1
Il
dato più evidente riguarda le violenze psicologiche, testimoniate
dal campione in percentuali significative. Solo il 2,1% ha dichiarato
di non averne mai subite.
Al
termine di questa ricerca, ciò che gli autori auspicano è che il
fenomeno venga ulteriormente approfondito dagli organi istituzionali,
indagando, con identici strumenti e modalità, un campione composto da
un ugual numero di donne ed uomini, secondo criteri di trasparenza
ed imparzialità sino ad oggi sconosciuti.
L’obiettivo
è lo studio di adeguate contromisure istituzionali, affinché la
tutela della vittima sia garantita indipendentemente dal sesso di
appartenenza.
Esplicito
dovere di una società civile dovrebbe essere prevenire e condannare
la violenza a 360°, a prescindere dal genere di autori e vittime.
______________________
1
Tale evidenza - testimoniata
negli anni da più fonti, associazioni forensi comprese - non trova
ancora un concreto approfondimento nell’ambito dei Tribunali e - assieme alle accuse costruite, che si sviluppano nel fenomeno di
nicchia delle separazioni e cessazioni di convivenza - costituisce il
nuovo fronte di minaccia della tutela del minore.
______________________
Appendice:
grafici
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