25 gennaio 2012

QUANDO lo stalking sale in cattedra. E una professoressa diventa vittima di una sua collega. Molestata e molestatrice, infatti, condividono, anzi hanno condiviso fino a poco tempo fa, lo stesso mestiere. Quello di insegnante. Sono in effetti due prof di mezza età di una scuola media di Corridonia.
TUTTO HA INIZIO nel settembre 2010 quando una delle due, residente in un paese della provincia, viene mandata in prepensionamento per motivi di salute. La donna probabilmente inizia a pensare che la causa di quanto le è successo sia da ricondurre all’atteggiamento ostile di una sua collega, che avrebbe iniziato a mettere in giro voci diffamanti sul suo stato di salute psico-fisico al fine di prendere il suo posto. Voci che, a suo dire, l’avrebbero screditata a tal punto da sfociare proprio nel provvedimento preso dalla direzione scolastica. Se questo sia vero oppure frutto della sua fantasia è ancora tutto da dimostrare. Fatto sta che l’insegnante non inizia per niente il nuovo anno scolastico e rimane forzatamente a casa. Molto prima di quanto le avrebbero permesso la sua età e la sua carriera.
NEL FRATTEMPO iniziano ad arrivare sul telefono dell’altra professoressa, residente nel capoluogo, strane chiamate. Alcune mute, altre no. Anche dieci o venti volte al giorno. E il tono non è proprio amichevole né rassicurante. Una situazione che dura per diversi mesi e che ovviamente cambia totalmente la sua quotidianità. Qualcuno sta violando ripetutamente la sua privacy e questo non può che gettarla in uno stato profondo di ansia e agitazione.
FINO A CHE la donna, siamo ormai verso la fine dell’anno scorso, decide di sporgere una querela per denunciare quanto le sta accadendo alle autorità competenti. La persecuzione — dice — ha ormai raggiunti livelli non più tollerabili. Scattano così le indagini e viene fuori il colpo discena: l’utenza incriminata è infatti nella disponibilità della sua ex collega. Ma se sia effettivamente lei la stalker, o se il suo telefono sia stato usato senza che lei ne fosse al corrente, lo potrà stabilire solo un giudice. Adesso, comunque, tutto è in mano alla procura del tribunale di Macerata che dovrà decidere se e per quali reati chiedere il rinvio a giudizio.


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