15 giugno 2011

Ascoli, 26 novembre 2016 - Denny Pruscino e Katia Reginella sono responsabili della morte del loro figlioletto, il piccolo Jason. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ieri ha rigettato i ricorsi presentati dai legali dei due giovani ascolani, pur reputandoli ammissibili. Denny dovrà scontare l’ergastolo e Katia 18 anni di reclusione. Il pronunciamento della Cassazione è l’ultimo atto di una lunga e dolorosa vicenda che in questi anni ha consegnato colpi di scena, contrasti fra i due coniugi, fra i legali dei due e la Procura, con numerose polemiche, mai completamente sopite.
Denny e Katia sono stati ritenuti colpevoli in via definitiva di omicidio volontario in concorso aggravato dai futili motivi, dal vincolo di parentela e distruzione di cadavere. Secondo la Procura di Ascoli il neonato a soli due mesi dalla nascita sarebbe stato ucciso in un momento di rabbia da Denny che non era il padre naturale, ma lo aveva riconosciuto dopo aver sposato la madre, Katia. La giovane ascolana a sua volta è ritenuta responsabile perché non avrebbe fatto nulla per impedirlo ed anzi avrebbe poi aiutato il giovane marito a disfarsi del corpicino mettendolo (forse ancora vivo) in un sacco per buttarlo poi in un cassonetto dell’immondizia vicino la loro abitazione nella frazione di Piane di Morro. Tra le fonti di prova raccolte a suo tempo dai pm ascolani Carmine Pirozzoli e Cinzia Piccioni vi sono le testimonianze di alcuni compagni di cella del Pruscino che, dopo essere stato rinchiuso nel carcere di Ascoli, hanno ascoltato il suo sfogo in un momento di cedimento.

Nel ricorso discusso ieri hanno avuto naturalmente posizioni diverse i legali dei due imputati che hanno parlato complessivamente per quasi tre ore. L’avvocato Di Nanna, legale di Katia ha puntato molto su quello che ritiene un difetto di logica nella motivazione della sentenza di Ancona che ha escluso la sussistenza del dolo nella prima fase della condotta di Katia, ravvisandolo solo nella seconda parte quando la donna è ritenuta corresponsabile dell’aver messo il piccolo Jason in una busta di plastica quando era ancora vivo. «Purtroppo tutto nasce dal famoso interrogatorio del 21 novembre del 2011, quando cinque volte i pm le chiesero se il piccolo era ancora vivo quando lo misero nella busta di plastica e lei rispose sempre che «era già morto». Alla sesta volta – racconta l’avvocato – disse che era vivo, ma è evidente che questa risposta è stata ottenuta attraverso suggestioni, visti per altro i problemi di salute mentale certificati da un perito». I legali di Denny, Vittorio D’Angelo e Felice Franchi hanno illustrato molti motivi ai giudici della Cassazione. Hanno parlato del rapporto epistolare di Katia con uno dei testimoni che accusano Denny (un suo compagno di cella) sottolineando che non essendo il loro assistito il padre naturale di Jason, cadrebbe questa aggravante e quindi non poteva essere dato l’ergastolo.
http://www.ilrestodelcarlino.it/ascoli/cronaca/bimbo-ucciso-condannati-1.2706150


Nessun commento:

Posta un commento