27 maggio 2011

«L’hijab è parte della mia identità. Il tentativo di strapparmelo per me è quasi paragonabile a una violenza fisica. A molti, che non conoscono il significato di questo velo, potrà sembrare una cosa non grave, ma per me lo è. Io sono quel che sono con il mio hijab». Neppure un filo di rabbia, nelle parole con cui Hind Talibi descrive quanto le è accaduto due sere prima in via Santa Maria Assunta, a Padova. Fasciata nel velo della tradizione islamica, la 22enne studentessa di origini marocchine sembra una bambina, mentre racconta quello che ha appena definito «uno choc». Rincasava in bicicletta dopo una serata trascorsa in un cinema di quartiere Guizza, quando ha incrociato «una donna, che poteva avere circa cinquant’anni». «Si è rivolta a me e mi ha gridato contro: "Schifosa, togliti quel coso... Che te ne fai con questo caldo?"». A quel punto Hind, che a Padova studia Relazioni internazionali dei diritti umani ed è volontaria del gruppo giovani di seconda generazione nell’Associazione nazionale oltre le frontiere (costola di Cisl), è scesa dalla bici e ha avvicinato la sconosciuta che l’aveva appena coperta d’offese.
«L’ho salutata, gentilmente, e ho cercato di parlarle: "Signora, vorrei informarla che il velo è una mia scelta"». L’altra donna, però, risponde urlando: «"Fai schifo", mi ha gridato... "Sei solo una stupida schiava ignorante"... "Quelli come te dovrebbero prenderli a bastonate" ». E’ allora che la donna alza le mani e tenta di strappare il velo alla giovane islamica. Lei però riesce a sottrarsi e decide che è meglio allontanarsi, anche per non reagire. «Tremavo tutta, mi sentivo mancare, allora ho chiamato al telefono mio padre (Ahmed Talibi, responsabile della comunità islamica di via Anelli, ndr)», conclude la giovane Hind. Segue la decisione di denunciare (ingiurie il reato ipotizzato) quanto accaduto alla polizia.


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