12 dicembre 2008

Se la violenza subita dalle donne è quotidianamente comprovata dalla cronaca e supportata con Associazioni e Movimenti che si prodigano per la loro (giusta) tutela e difesa, lo stesso non si può dire per quegli uomini che spesso non confessano neanche a sé stessi di vivere da vittima una realtà difficile e dolorosa. Non solo, il Prof. Eloy Rodriguez, insegnate di Biochimica e Biologia Evolutiva presso la Cornell University (USA), ha affermato che il fenomeno della violenza al maschile è molto diffuso e che il 92% degli uomini non denunciano l’accaduto per motivi di facile intuizione.
Negli ultimi anni il trend è crescente anche in Italia e alla necessità di monitorare il fenomeno e offrire un supporto professionale multidisciplinare rispondono il Centro Specialistico di Pedagogia Clinica diretto dalla Prof.ssa Rosanna Alfieri e l’Associazione di Studi di Criminologia coordinata dalla Dr.ssa Gloria Mazzeo.
Entrambi i poli scientifici dedicano la propria attività alla ricerca e alla formazione con il compito di studiare, approfondire e rinnovare modalità diagnostiche e metodi educativi, finalizzati a garantire un aiuto alla persona, allo scopo di ripristinare nuovi equilibri e nuove disponibilità allo scambio con gli altri. Un’equipe di esperti interviene sulle difficoltà della persona di ogni età per aiutare a superare disagi psicofisici e socio relazionali e andare oltre il disagio e modificare positivamente le abitudini di vita e di comportamento.
Oggi, il Centro Specialistico di Pedagogia Clinica e l’Associazione di Studi di Criminologia inaugurano a Roma il nuovo servizio “CI SONO ANCH’IO” in favore dei “mariti maltrattati” e rivolto anche a quei papà considerati spesso soltanto “sportelli bancomat”.
Il servizio si avvale di supporti pedagogico-clinico basato sull’approccio olistico alla persona, sull’assistenza legale, psico-sociologica e criminologica. Si svolge in una struttura accogliente, situata in uno dei più prestigiosi quartieri a nord della Capitale e riceve per appuntamento.
Il servizio “Ci sono anch’io” dispone di una linea telefonica mobile appositamente predisposta, 331.9557024 attiva dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 21.00, e uno specifico indirizzo e-mail forman@olisitcpedagogy.it

Rosanna Alfieri, Pedagogista Clinico e criminologa, ha conversato con il Socialista Lab.

Quando si parla di violenza e si fa riferimento a quella che potrebbe avvenire in famiglia, si fa sempre riferimento agli uomini ed alle donne costrette a difendersi. Bisogna cambiare impostazione è ragionare in maniera più generale? Come si può manifestare la ‘violenza’ ai danni di un uomo?
L’equivoco sul tema della violenze in ambiente domestico rivela una visione del problema sorprendentemente diversa.Uno dei miti diffusi nella nostra società è che la violenza in ambiente domestico è qualcosa che gli uomini fanno alle donne. Solide ricerche scientifiche rivelano che
la violenza in ambiente domestico è qualcosa che le donne fanno agli uomini più frequentemente di quanto gli uomini non facciano alle donne.
Mentre è vero che gli uomini sono responsabili della maggior parte delle violenze fuori casa, le donne istigano la maggior parte delle violenze in ambiente domestico ed aggrediscono gli uomini più spesso e in maniera più grave. Il Laboratorio di Ricerca sulla Famiglia dell’Università del New Hamphshire, finanziato dall’Istituto Nazionale di Salute Mentale, ha steso gli ultimi 3 studi nazionali sulla violenza in ambiente domestico.
I primi 2 studi (1975 e 1985) mostrano risultati simili all’ultimo. Il rapporto nazionale originario fu realizzato nel 1975. Varie ricerche furono pubblicate come risultato di esso. Nel 1980 i risultati dello studio furono resi accessibili al pubblico in un libro intitolato Behind closed doors: violence in the american family (Anchor Press, Garden City, NY). Nel 1985, Strauss e Gelles completarono e pubblicarono uno studio di riepilogo che fu pubblicato nel Journal of Marriage and the Family (agosto 1986). Nel 1992 un terzo studio di riepilogo fu completato da Murrey A. Strauss e Glenda Kaufman Kantor. Lo studio fu presentato al 13° Congresso mondiale di sociologia (19 luglio 1994) (vedi tabella in pagina)


Esistono dozzine di altri studi che rivelano risultati simili. Per esempio le donne usano le armi nella violenza in ambiente domestico con una frequenza tre volte maggiore rispetto agli uomini; le donne provocano la maggior parte degli episodi di violenza in ambiente domestico; le donne commettono la maggior parte degli abusi su minori e su anziani; le donne picchiano più frequentemente e più gravemente i loro figli maschi che non le femmine; le donne commettono la maggior parte degli infanticidi e il 64% delle loro vittime sono bambini di sesso maschile.
Quando le donne uccidono degli adulti la maggior parte delle loro vittime sono uomini. Le donne commettono il 50% degli omicidi coniugali. L’82% delle persone hanno la loro prima esperienza di violenza per mano di una donna.
C’è molta confusione riguardo a chi bisogna credere nel dibattito sulla violenza in ambiente domestico. Da una parte ci sono gli sostenitori e le femministe dei centri di assistenza alle donne che si basano sulle statistiche. Dall’altra ci sono gli scienziati sociali che si basano su studi scientificamente strutturati.

Cosa c’è alla base di questi dati?

I ricercatori stanno esaminando ora il ruolo del "potere territoriale" come fattore nella violenza delle donne contro gli uomini. Le donne vedono la casa come il loro territorio. Come molte altre specie del pianeta, noi umani ignoriamo quando ci troviamo di fronte ad un conflitto sul nostro territorio. Così i risultati scientifici che dimostrano che la violenza delle donne americane non fanno parte della nostra cultura, e non indicano una speciale patologia tra le donne americane.
In tutto il mondo, le donne sono più violente degli uomini in ambiente domestico.Una delle maggiori ricercatrici in questo campo è la dottoressa Susan Steinmetz. Ecco la lista degli studi su altre culture realizzati dalla Steinmetz: A cross cultural comparison of marital abuse, Journal of Sociology, and Social Welfare, 8, 404 414; Coppie maritate di nove culture diverse: 1 Finlandia, n. 44; 2 Puerto Rico, n. 82; 3 British Honduras, n. 231; 4 B. H. Spanish speaking, n.103; 5 B. H. Carib, n. 37; 7 U.S A, n. 94; 8 Canada, n. 52; 9 Israele, n..127; 10 Isreal Kibbutz, n. 63, city, n. 64.
C’è un sommario (vedi tabella 2) dei più recenti e significativi studi che abbiamo potuto trovare sulla violenza in ambiente domestico in Canada.

Ci sono state due ondate di reperimento dati. La prima nel 1990, la seconda fu terminata nel 1992. Questo studio fu realizzato dalla "dottoressa" Reena Sommer, una ricercatrice associata del Manitoba Center for Health Policy and Evaluation. Enfatizziamo il "dottoressa" per richiamare l’attenzione sul fatto che gli studi scientifici sulle violenze in ambiente domestico includono scienziati sociali donna. E è stato argomentato che gli studi scientifici contengono un pregiudizio di genere contro le donne, come se tutti gli scienziati fossero uomini. In questo campo molti dei maggiori esperti sono donne.
Questi dati rivoluzionano un concetto violenza uomo–donna che anche gli organi di informazione hanno contribuito a creare Spesso si fa un cattivo uso dell’informazione. Eccone un esempio: una delle statistiche preferite addotte dagli sostenitori dei centri contro gli abusi è che ogni 15 secondi una donna è vittima di violenza in ambiente domestico. Questa statistica viene dedotta da un estratto di una ricerca ben condotta che fu pubblicata nel Journal of Marriage and Family, una rispettabile rivista professionale per i terapeuti del matrimonio e della famiglia. I sostenitori dei centri contro gli abusi arrivarono a questo dato usando una delle conclusioni dello studio, e cioè che 1,8 milioni di donne all’anno subiscono una aggressione dal marito o dal fidanzato. Ciò che i sostenitori dei centri contro gli abusi ignorano sempre è un altro dato emerso dallo stesso studio: che 2milioni di uomini vengono aggrediti dalla moglie dalla fidanzata ogni anno, che in altre parole significa che un uomo è vittima di violenza in ambiente domestico ogni 14 secondi. Ciò è tipico delle frodi largamente praticate dai sostenitori dei centri contro gli abusi.
L’establishment della stampa americana è complice di questa frode è condivide la colpa di stare esacerbando il problema della violenza in ambiente domestico attraverso il proponimento continuo di false diagnosi. Ogni programma sulla violenza in ambiente domestico che accetti il paradigma "l’uomo abusa / la donna è vittima" è basato su una falsa premessa.

Quando la prevenzione può aiutare in questo settore?

Uno degli scopi è quello di creare un tipo di programma di prevenzione della violenza in ambiente domestico che non esiste nella comunità romana e capire quanti i programmi locali incoraggiano la ricostituzione delle famiglie o adottano l’approccio "divorzista" e se programmi di prevenzione esistenti prestano eguale attenzione alle donne e agli uomini violenti, e se no: perché?

"Ci sono anche io’, dunque per i mariti maltrattati. Quali le finalità dell’iniziativa? A chi vi rivolgete?

Oggi la figura del padre sfiorisce nell’evanescenza. Un po’ perché scalzata dal nuovo costume, un po’ perché disertata dagli stessi padri in fuga. In famiglia, il ruolo paterno sembra essersi fatto man mano più scialbo, fino a dovere in qualche misura "maternizzarsi" anch’esso, per consistere. Non è solo il tributo alla rivoluzione femminile degli ultimi decenni; è qualcosa di più profondo: il riflesso della famiglia "fragile", che va spaesando le certezze dell’amore, i vincoli di alleanza, la fedeltà ai compiti, la gioia delle relazioni. Così, anche da noi comincia a manifestarsi il fenomeno dei figli fatherless, senza padre. Altrove, negli Usa (due milioni di matrimoni e un milione di divorzi all’anno), esso ha raggiunto livelli impressionanti e conseguenze molto gravi per i figli: disturbi del comportamento, devianza, paura della vita. E noi, ci stiamo avviando per la stessa china? In questa triste immagine di eclisse del padre, forse viene il momento in cui affiorerà dal profondo una "nostalgia del padre".
D’altra parte molti padri separati, secondo le statistiche, col tempo si rassegnano a una patente di inutilità; tranne quelli che danno fondo a tutte le risorse dell’amore e del rapporto educativo con i figli della famiglia spezzata, in molti la relazione si attenua, fino a una sorta di fuga. Qualcuno stenta persino a pagare l’assegno per il mantenimento dei figli.

Nel divorzio troppe poche volte si pensa al ruolo del padre

Anche. Il 70% delle coppie che divorziano lo fa nei primi tra anni di vita del figlio. Un “trauma” per i più piccoli che vedono il loro nucleo familiare prendere due strade diverse.
Senza contare che Torino è la città d’Italia dove si registra il maggior numero di divorzi: secondo l’Istat, nel 2005, ogni cento matrimoni celebrati sotto la Mole sono stati registrati 83 tra divorzi e separazioni. Il rapporto sulla violenza di coppia presentato a febbraio 2001 a Milano - su un'analisi svolta su oltre 2.500 coppie italiane che, per una ragione o per l'altra, sono ricorse ad assistenti sociali o psicologi per problemi di coppia - mostra che il 38% dei mariti ha confessato di sentirsi “spesso umiliato” dalla propria consorte. Il 30% ha subito violenze come schiaffi, tirate d'orecchie o morsi. Nel 48% dei casi, i mariti sottolineano “come la violenza femminile all'interno della coppia sia spesso psicologica”. Spiega il professor Cicogna: “Denunciano, questi uomini postmoderni, pressioni da parte delle donne di vario tipo: violenza verbale, si sottraggono al rapporto sessuale, oppure casi in cui - 12 su 100 - il tradimento delle donne avviene sotto gli occhi di tutti”. La donna matriarca spesso guadagna più del marito, o comunque nel 24% dei casi ha una posizione sociale migliore del proprio consorte. Questa differenza incrementa sentimenti di aggressività.
Commentando lo studio, la matrimonialista Marianna De Cinque osserva: “Il fenomeno della 'donna amazzone' è in parte dovuto a modelli televisivi di donne forti, dominatrici, che si impongono sull'uomo. E poi è naturale che in una società postindustriale questa tipologia venga importata: in Germania, per esempio, esistono vere e proprie associazioni di tutela degli uomini dall'aggressività femminile dirompente”.

Come giunge e come si riconosce la difficoltà di un padre?

Esistono due tipi di richieste d'aiuto. La prima (quella ritenuta più pressante) è la richiesta di difendere il loro rapporto con i figli, la seconda è quella di soddisfare la loro richiesta di trovare un "pool" di professionisti "sicuri" e capaci di raggiungere l'obiettivo Le associazioni di padri separati propongono, oltre all'affidamento bigenitoriale, che gli inevitabili conflitti siano risolti dallo Stato attraverso uffici di consulenza e di conciliazione formati da esperti capaci di attuare le necessarie difficili mediazioni Non si può non riconoscere quanto possa essere avvilente essere ridotti a timbrare il "cartellino degli affetti": inizio e fine del week-end, inizio e fine delle feste comandate Manca la cultura della corresponsabilità per superare la devastante pretesa di moltissimi genitori che i figli siano una loro esclusiva proprietà. È inutile sottolineare come questo atteggiamento renda sostanzialmente fallimentare ogni ipotesi di mediazione, come già rende difficile gli affidi consensuali di bambini in difficoltà.
Sono convinta che promuovere azioni per far crescere nel nostro Paese la cultura della responsabilità educativa sia obiettivo di quanti sono impegnati per garantire i diritti dei minori.

Spesso parlate di ‘approccio olistico alla persona’, cosa intendete?

L’approccio olistico alla persona, sull’assistenza legale, psico-sociologica e criminologica per soddisfare i bisogni educativi del singolo individuo con metodologie e tecniche proprie atte al recupero di abilità tenendo in considerazione ogni aspetto della "persona" che si ha di fronte. Il soggetto in difficoltà, oltre ad essere un soggetto con un "problema" è innanzi tutto una persona e in quanto tale è prima di tutto un essere umano che ha bisogno di aiuto. La sofferenza vista non come malattia, dunque, ma soprattutto come allarme in un quadro complesso di problematiche e di difficoltà che gli consentono comunque di esprimere "qualcosa".

articolo del 12 dicembre 2008


1 commento:

Anonimo ha detto...

ESISTE LA PIGRIZIA MENTALE ED UN GRANDE FRATELLO MEDIATICO RESPONSABILI DI UNA UTILE CORTINA DI NEBBIA CHE CI TIENE LONTANI DA QUESTE NUOVE E SCOMODE REALTA', SCOMODE POICHE' SOVVERTONO VISIONI RADICATE E INTROIETTATE COME "TRADIZIONALI". VISIONI CHE NELLA LORO ALLARMANTE REALTA' SI FANNO SPAZIO MA CHE IMPONGONO RIFLESSIONI FATICOSE, DOLOROSE, NUOVE, RIVOLUZIONARIE, NON CERTO PER LA NON VERIDICITA'DEI CONTENUTI...MA PER LA FATICA CHE COMPORTA ACCOGLIERE INTIMAMENTE E CONDIVIDERE QUESTI NUOVI CONTENUTI.
NOTIZIE E RELAZIONI, OSSERVAZIONI E DOCUMENTI CHE TESTIMONIANO SEMPRE PIU' CHIARAMENTE UNA NUOVA MODALITA' DI RELAZIONE FRA FEMMINILE E MASCHILE, EVIDENZANDO MODALITA' SOTTACIUTE PERCEPITE DA UNO "SCORCIO" DIVERSO MA NON PER QUESTO MENO OBIETTIVO. LO SCONTRO, LA FATICA, E' DUNQUE RAPPRESENTATA DALL'ACCOGLIERE UNA DIVERSA VISIONE, POICHE' SOVVERTIREBBE QUELLA PRECEDENTEMENTE E COSI' CONìMODAMENTE BEN COLLOCATA NELLA MENTE DI MOLTI, CHE PRODUCE RAGIONAMENTI ED EFFETTI GIA' CODIFICATI E COSI' SCOMODI DA RIMUOVERE, IN SOSTANZA PER I PIGRI E GLI GNORRI,E' MEGLIO CHE TUTTO RIMANGA COME ERA, UN COMODO CASTELLO DI PENSIERI E DINAMICHE, AZIONI E REAZIONI, FATICOSAMENTE O SUBLIMINALMENTE ASSIMILATE CHE SE NE ANDREBBERO TUTTE AL MACERO SE MESSE IN DISCUSSIONE E TOGLIEREBBERO PER ALTRO QUELLE CERTEZZE CHE FAREBBERO VACILLARE GLI OBSOLETI RAPPRESENTANTI DEL MONDO DELLA DELLA POLITICA, DELLA GIUSTIZIA E DEGLI ISTITUZIONI RIVOLTE AL SOCIALE, COMPRESI OVVIAMENTE GLI AMBITI CHE SI OCCUPANO DI EDUCAZIONE, DI PREVENZIONE, DI VIOLENZA, DI MINORI E LORO TUTELA.

SI PROFILA UNA NUOVA REALTA', COME UN NUOVO SISTEMA OPERATIVO DA INSTALLARE SUL PROPRIO COMPUTER CHE COMPORTA UNA FATICOSA MA NECESSARIA RIVISITAZIONE DI ALCUNE FUNZIONI E ANNESSE MODALITA' (SPESSO DA STUDIARE E APPRENDERE CHE TOLGONO IL POSTO AI VECCHI INSEGNAMENTI) PER OTTENERE MEGLIO E PRIMA EFFETTI E SOLUZIONI CHE PRIMA SI OTTENEVANO COL VECCHIO SISTEMA NON AGGIORNATO.

COSI' ISOLATI DAL RESTO DEL MONDO, IN BARBA AD OGNI NOVITA' E NEL CHIUSO DELLA PROPRIA REALTA' CODIFICATA E CONDIVISA DALLA COMMUNITY DI ANZIANI LA MAGGIOR PARTE DI PERSONE SI ACCONTENTA E NICCHIA FACENDO FINTA DI NULLA, PERCHE' FINGERE E TACERE PAGA!.

CHI AVESSE ANCORA FILM SU NASTRI VHS COMPRENDERA' LA RIVOLUZIONE PRODOTTA DALL'AVVENTO DEI LEGGERI E PRATICI "CD" NONCHE' GLI IMPLICITI VANTAGGI CHE SPESSO COMPORTA L'AGGIORNAMENTO., E ANCHE QUI LA QUESTIONE PUR NEL PARADOSSO E' ASSAI SIMILE, MA STAVOLTA PIU' COMPLESSA POICHE'OCCORRE METTERE IN CAMPO ANCHE I SENTIMENTI E UNA ONESTA' INTELLETTUALE CHE NON E' DI TUTTI NE' DI TUTTA CONVENIENZA, COME DIRE, MEGLIO CONDIVIDERE I PENSIERI TALEBANI CON COLLEGHI CORTO-MIRANTI DEL PROPRIO CLAN, PIUTTOSTO CHE PRODURRE UNA VERA DEMOCRAZIA EMANCIPATA CHE RISPONDA CON PRONTEZZA E RISPOSTA A SEGNALI REALI E CONCRETI EMERGENTI DALL'OSSERVAZIONE DEGLI SCENARI SOCIALI PER PORRE MATTONI DI UNA NUOVA CULTURA EMANCIPATA. IN BARBA AL PRINCIPIO MEDICO CHE: PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE, MA SI SA...I PENSIERI SONO UNA COSA MA CURARE E' TUTTA UN ALTRA PORTA DENARO E CONVENIENZE.
Dott. RHAINARD PONZACCO

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